Sant’Antonio Abate. La benedizione degli animali a Bari vecchia
Il culto di Sant’Antonio Abate è antichissimo, Antonio Abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Nato a Coma, nel cuore dell’Egitto, intorno al 250, a vent’anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni.
Distribuiti i beni ai poveri e affidata la sorella ad una comunità femminile, seguì la vita solitaria che già altri anacoreti facevano nei deserti attorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità. Si racconta che ebbe una visione in cui un eremita come lui riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l’intreccio di una corda. Da questo dedusse che, oltre alla preghiera, ci si doveva dedicare a un’attività concreta. Così ispirato condusse da solo una vita ritirata, dove i frutti del suo lavoro gli servivano per procurarsi il cibo e per fare carità. In questi primi anni fu molto tormentato da tentazioni fortissime, dubbi lo assalivano sulla validità di questa vita solitaria. Consultando altri eremiti venne esortato a perseverare. Lo consigliarono di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella roccia nei pressi del villaggio di Coma. Con il tempo molte persone vollero stare vicino a lui.
Il gruppo dei seguaci di Antonio si divise in due comunità, una a oriente e l’altra a occidente del fiume Nilo. Questi Padri del deserto vivevano in grotte e anfratti, ma sempre sotto la guida di un eremita più anziano e con Antonio come guida spirituale.
Nel 311, durante la persecuzione dell’imperatore Massimino Daia, Antonio tornò ad Alessandria per sostenere e confortare i cristiani perseguitati. Non fu oggetto di persecuzioni personali. In quell’occasione il suo amico Atanasio scrisse una lettera all’imperatore Costantino I per intercedere nei suoi confronti. Visse i suoi ultimi anni nel deserto della Tebaide dove, pregando e coltivando un piccolo orto per il proprio sostentamento, morì, all’età di 105 anni.. Venne sepolto dai suoi discepoli in un luogo segreto.
Già in vita accorrevano da lui, attratti dalla fama di santità, pellegrini e bisognosi di tutto l’Oriente. Anche Costantino e i suoi figli ne cercarono il consiglio.
La sua vicenda è raccontata da un discepolo, sant’Atanasio, che contribuì a farne conoscere l’esempio in tutta la chiesa. Per due volte lasciò il suo romitaggio. La prima volta per confortare i cristiani di Alessandria perseguitati da Massimino Dadia. La seconda, su invito di Atanasio, per esortarli alla fedeltà verso il Concilio di Nicea.
Nell’iconografia è raffigurato circondato da donne procaci (simbolo della tentazione) o animali domestici (come il maiale), di cui è popolare protettore. Infatti tra i miracoli più noti vi è quello di aver salvato “a suon di campanello” numerosi animali sparsi in una foresta in fiamme ecco perché è considerato il Santo protettore degli animali!
A Bari Vecchia, in passato sotto l’Arco di Sant’Antonio Abate vi era un’antica chiesa dedicata al Santo (i cui resti, oggi sono inglobati nelle fabbriche del Fortino che è conosciuto proprio come “Fortino di S. Antonio Abate”) venivano condotti gli animali da lavoro e gli animali domestici perché fossero benedetti.
A sant’Antonio Abate sono attribuite guarigioni di gravi malattie della pelle come la varicella ed in specie dell’herpes zoster ossia il fuoco di Sant’Antonio.
La tradizione vuole che il 17 gennaio si giochi una cinquina relativa al Santo, alla sua storia ed alla sua iconografia: 4 il porcellino, l’8 il fuoco, 17 sand’Andè, 20 la festa, 81 il campanello.